Fobia sociale: la malattia della solitudine

Fobia sociale: la malattia della solitudine

La fobia sociale è un problema più frequente di quanto si pensi. Negli anni mi è capitato di incontrare diverse persone che ne soffrivano: bambini e adulti, ma soprattutto adolescenti e ragazzi tra i venti e i trent’anni. In realtà spesso il disturbo insorge durante l’infanzia, ma le persone si decidono a chiedere un aiuto solo dopo anni di sofferenze.

 

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La fobia sociale

Cos’è la fobia sociale?

Per una descrizione esaustiva del disturbo, rimando ad un articolo che ho scritto tempo fa (clicca qui). In sintesi, è una forma estrema di timidezza, che rende difficile rapportarsi a quasi tutte le persone: di solito, meno sono familiari le persone, più la difficoltà aumenta. Questa timidezza provoca un’ansia così grande da compromettere tutte le aree più importanti della vita di un individuo: amicizie, relazioni sentimentali, studio, lavoro, passioni, autorealizzazione.

Il pensiero costante è: “cosa penseranno gli altri di me se faccio-non faccio/dico-non dico questa cosa?” E questo pensiero condiziona tutte le scelte della persona, da quelle più banali (come entrare o meno in un bar per prendere un caffè), a quelle più importanti (sostenere esami universitari, colloqui di lavoro). Questo pensiero sarà presente se vorrà chiamare un amico, chiedere ad una ragazza di uscire o partecipare ad una conversazione in un gruppo.

Insieme a questo pensiero, c’è la costante autocritica: “non sono simpatico, brillante, intelligente, bello come gli altri”, “sono uno sfigato”, “non mi vuole nessuno”.

Per non sentire l’ansia e l’imbarazzo che questi pensieri comportano, la persona che soffre di fobia tenderà, quando può, ad evitare tutte quelle situazioni che lo espongono al contatto con gli altri. Per questo, la fobia sociale, più di altri disturbi, condanna alla solitudine.

La sofferenza è così grande che alcuni prendono in considerazione l’idea del suicidio.

 

Si guarisce dalla fobia sociale?

La buona notizia è che non siete condannati a vivere tutta la vita come state vivendo ora. Se per guarigione si intende il miracoloso cambiamento da una personalità timida ad una eccezionalmente estroversa, no. Se si intende la scomparsa di tutti i pensieri negativi che vi hanno accompagnati per tutta la vita e che vi hanno impedito di vivere la vita che avreste voluto, no. Se immaginate la magica scomparsa di emozioni negative quali ansia, paura, imbarazzo e dolore, no.

Ma allora?!

Se vi dicessi che pensieri ed emozioni spiacevoli non scompariranno, ma imparerete un modo nuovo di trattarli e che questi non influenzeranno più tutte le decisioni della vostra vita? Se vi dicessi che potrete sentirvi liberi di andare dove volete e fare ciò che desiderate, studiare, lavorare, fare nuove amicizie, incontrare nuove persone? Vi considerereste “guariti”? Se poteste inseguire i vostri sogni e diventare la persona che vorreste diventare?

 

Il ruolo della meditazione Mindfulness

E tutto questo grazie alla mindfulness. Ma cosa fa la mindfulness? Russ Harris per spiegarlo propone la metafora del film horror (Russ Harris, “Fare ACT”, Franco Angeli):

“adesso quando questi ricordi compaiono, è come guardare un film dell’orrore terrificante a notte fonda, tutto da solo, in una vecchia casa, con tutte le luci spente. Supponi invece di stare a guardare lo stesso identico film, la TV è nell’angolo della stanza, ma è pieno giorno, la luce del sole passa attraverso le finestre, la tua casa è piena di amici e familiari, e state interagendo gli uni con gli altri: ridendo, parlando, mangiando e divertendovi. Il film non è cambiato di una virgola – è ancora alla TV nell’angolo della stanza – ma adesso sta avendo molto meno effetto su di te.”

Incredibile, vero? Eppure, si può fare.

Si può vivere una vita piena e significativa, anche se una parte della nostra mente ci sussurrerà cose “terribili”.

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